La capacità umana di provare senso di colpa è tale che le persone riescono sempre trovare il modo di incolpare se stesse.
(Stephen Hawking)
Il senso di colpa arriva di soppiatto, non da preavvisi ma si materializza in tutta la sua distruttiva maestosità all’improvviso, come una morsa che mette con le spalle al muro, provoca dolore ed impedisce di godere della vita.
Chi lo prova sente di aver sbagliato ed aver arrecato sofferenza, pur non spiegandosi perché . Questo terribile nemico compare sistematicamente ogni qual volta si prova a fare una scelta tenendo conto solo dei propri bisogni. Il senso di colpa quando si presenta con frequenza, compromette seriamente la possibilità di vivere pienamente nel rispetto di se’ e di fare scelte libere.
È importante distinguere tra senso di colpa e vergogna.
La vergogna è uno stato d’animo associato allo sguardo degli altri, fa provare un senso di inferiorità, di imbarazzo, fa sentire meno bravi degli altri e non all’altezza. Il senso di colpa invece è la condizione che si prova quando si immagina di aver compiuto uno sbaglio, di aver fatto un torto a qualcuno o che una determinata decisione sicuramente arrecherà dispiacere o toglierà qualcosa alle persone a cui si vuole bene.
Il senso di colpa non ha necessariamente una connotazione negativa, alcuni sono sani altri meno. Il senso di colpa sano emerge come conseguenza di un errore accertato, compiuto nei confronti di qualcuno e aiuta a rispettare le regole quando le si trasgrediscono e a non fare del male. Il senso di colpa insano o patologico invece si presenta quando non c’e’ alcun errore oggettivo che possa spiegarlo ma e’ la conseguenza di un errore di attribuzione di significato per il quale si crea un nesso logico incongruente tra una condizione immaginata (la propria scelta) e la conseguenza negativa generata da questa condizione.
Il nesso causa effetto è totalmente arbitrario e non supportato da alcuna evidenza logica se non dalle proprie considerazioni personali.
Ci sono alcuni individui particolarmente abili a generare sensi di colpa in chi gli sta vicino pur non essendoci alcuna ragione che lo giustifichi. Queste persone sono definite colpevolizzatori ed innescano una situazione secondo la quale cercano di far credere che il senso di colpa, provato da chi gli è vicino, sia giustificato allo scopo di approfittarsene e di manipolare la situazione a proprio vantaggio.
Come è possibile riconoscere il colpevolizzatore?
- Si lamenta spesso
- Ha un buon eloquio, fluido e un vocabolario ricco
- Spesso è stimato dalle persone a lui vicino
- Non è mai colpa sua quando le cose vanno male ma di altri
- Fa credere che la sua felicita’ e’ nelle mani di chi fa sentire in colpa
- Accusa in modo velato e poco chiaro
- Le persone spesso in sua presenza si sentono in colpa e cercano di compiacerlo
Cosa significa colpevolizzare?
È l’azione secondo cui si attribuisce ingiustamente a qualcuno la responsabilità di qualcosa. Non a caso come a volte ci si crogiola nel ruolo di vittima così gli altri a volte si vittimizzano, scaricando su chi li circonda le proprie decisioni, per farli sentire in colpa. È bene ricordare che vi è una differenza tra il ruolo di vittima per fare sentire gli altri in colpa e manipolarli e la condizione di vittima dovuta al fatto di avere realmente subito un torto.
Ogni persona è libera di scegliere ed e’ responsabile delle proprie decisioni per cui colpevolizzarsi significa privare gli altri della facoltà di decidere e negare la possibilità di scegliere. Alla luce di questa considerazione e’ indispensabile riconoscere le responsabilità di ognuno quando sceglie. Le relazioni sane ed equilibrate tra adulti liberi e responsabili si caratterizzano per il fatto che ognuno e’ responsabile delle proprie azioni, pensieri ed emozioni.
Questo non significa essere individualisti o egoisti ma responsabili all’interno di una relazione di qualunque natura essa sia. Come ogni individuo è responsabile delle proprie scelte anche due individui che entrano in relazione (amicale, di coppia, professionale, ecc.) sono corresponsabili della relazione. Quando invece il senso di colpa si sviluppa in una dimensione individuale dove e’ assente la corresponsabilità o quando qualcuno si insinua senza una reale ragione si fa riferimento al senso di colpa patologico.
Chi si colpevolizza immagina che avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi negando il libero arbitrio degli altri e le loro rispettive responsabilità.
Ma qual’è il risvolto del sentirsi in colpa?
Il “tornaconto” del senso di colpa è quello di creare una situazione paradossale nella quale, pur stando male, è rassicurante pensare di poter determinare, potenzialmente, la felicità degli altri e quindi poterli controllare. Non a caso alla base di questa condizione vi è un inconsapevole desiderio di onnipotenza illusoria strettamente legato al senso di colpa.
Il colpevolizzarsi significa rivedere il proprio passato interpretando il ruolo del protagonista poiché rendersi conto che ogni persona ha solo un ruolo marginale nel susseguirsi degli eventi della vita genera angoscia ma allo stesso tempo e’ liberatorio poiché minimizza l’effettivo contributo nella generazione dei fatti. Il senso di colpa assolve la funzione di dare l’illusione di controllare ci che accade e di rassicurare il senso di ansia e di angoscia.
“Nella vita, le due emozioni più futili sono il senso di colpa per ciò che è accaduto, e l’inquietudine per ciò che potrebbe accadere. Eccoli qui, i grandi sprechi! Inquietudine e Colpa — Colpa e Inquietudine”
(Wayne Dyer)
Un semplice ma efficace esercizio per imparare a liberarsi dal senso di colpa e’ quello di iniziare a cambiare le proprie abitudini seguendo queste semplici indicazioni:
- Scegliete una situazione in cui vi sentite in colpa e che vorreste cambiare
- Scrivete ciò che fate abitualmente per diminuire il vostro malessere
- Decisione: provate un comportamento diverso, che non sia dettato dal senso di colpa e osservate ciò che succede
- Conclusioni: cosa è successo? Che fine ha fatto il senso di colpa?
Questo semplice esercizio consente di comprendere che quello che vivono gli altri dipende più da loro stessi che da noi. Per rinunciare all’illusoria ma rassicurante onnipotenza, sottolinea lo psicologo Y.A. Thalmann, “bisogna restituire agli altri la loro responsabilità, capendo che le loro emozioni sono il risultato delle loro decisioni e non delle nostre azioni”.