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Psicologia e Talento: i bambini plusdotati, diagnosi, relazioni, intervento genitori e insegnanti

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Premessa

Questo testo nasce più come una riflessione personale, unita alla volontà di provare ad attirare l’attenzione su un problema che spesso viene sottovalutato e/o erroneamente confuso con alcuni disturbi dell’apprendimento.

È un argomento che mi sta molto a cuore poiché ha riguardato in prima persona il figlio di un caro amico di famiglia, per il quale non è stato possibile comprendere il “problema” e quindi agire in tempo.

L’oggetto di questa riflessione sono i cosiddetti bambini “plusdotati” ai quali, come dice la parola stessa, non manca nulla, anzi, sono provvisti di un enorme potenziale sia cognitivo che creativo che però, il più delle volte, non viene riconosciuto.
Ho deciso di intervistare la mamma di uno di questi ragazzi, al fine di riuscire a sensibilizzare maggiormente riguardo a questa tematica e per far comprendere il reale bisogno di aiuto che hanno queste famiglie nel dover affrontare da sole le difficoltà connesse all’evoluzione di un bambino ad alto potenziale; la mamma in questione, illustrando i comportamenti di tali bimbi e il ruolo dei genitori nel gestire la situazione, ha definito il prendersi cura del proprio figlio come «un continuo giro sulle montagne russe», in cui non si poteva mai prevedere cosa sarebbe potuto accadere.

Chiaramente, risulta evidente fin dall’età scolare che questi bambini hanno qualcosa di diverso rispetto ai coetanei, ma la difficoltà sta nel capire “cosa”; troppo spesso, infatti, si viene ingannati e si finisce con il fare diagnosi non corrette.

La diagnosi

Come già accennato, non è affatto semplice riconoscere i “plusdotati” perché, nonostante essi abbiano una marcia in più rispetto ai loro coetanei, hanno caratteristiche differenti dai bambini considerati “brillanti”, i quali prestano attenzione, hanno buone idee ed intuizioni, apprendono con estrema facilità e rapidità.

Il bambino “plusdotato” è curioso, ha idee bizzarre, molto creative, possiede un’ottima memoria e percepisce ogni dettaglio, ma spesso all’apparenza risulta poco attento o deconcentrato.
Proprio per questo motivo, il più delle volte si attribuiscono a tali comportamenti disturbi che in realtà non c’entrano nulla con i soggetti in questione.

Viene diagnosticato maggiormente il:

  • Disturbo da deficit di attenzione, da cui però si differenzia in quanto, anche se apparentemente disattenti, una volta interpellati i plusdotati sono in grado di rispondere a ciò che l’insegnante chiede.
  • Disturbo di iperattività, da cui però si differenzia in quanto il bambino iperattivo si comporta nello stesso modo in ogni situazione, mentre il plusdotato appare “iperattivo” solo in alcune circostanze.
  • Disturbi di apprendimento come, ad esempio, la dislessia, da cui però si differenzia in quanto i “plusdotati” non hanno alcuna difficoltà nella lettura piuttosto che nella scrittura; se in determinate situazioni decidono di non leggere, non è perché non sanno farlo, ma perché si rifiutano.
Relazioni con il gruppo dei pari

Mentre lo sviluppo cognitivo è più avanzato rispetto al gruppo dei pari, lo sviluppo emotivo dei bambini plusdotati risulta uguale a quello degli altri bimbi e ciò provoca dentro di loro un grande disagio, poiché non riescono ad elaborare a livello emotivo la loro “maturità cognitiva”. Proprio per questa ragione tali bambini, non rendendosi ancora conto della propria superiorità, non vogliono mostrare le proprie abilità per il timore di essere derisi e di divenire vittime di episodi di bullismo da parte dei coetanei.
Per paura di essere emarginati o ridicolizzati, spesso si chiudono in se stessi e questo comportamento può portare al disadattamento che, se non riconosciuto ed affrontato, può, nei casi peggiori, sfociare nella depressione.

Intervento genitori/insegnanti

L’intervento dei genitori e della scuola è determinante, e più è precoce, più aiuta a non disperdere questo talento.
Gli adulti devono mostrarsi in grado di concentrarsi sugli aspetti positivi di tali bambini, ai quali non serve essere “curati”, ma “capiti” e incoraggiati nell’esprimere se stessi.
Gli insegnanti rivestono un ruolo fondamentale; dovrebbero lanciare sfide, enigmi per poterli stimolare, ma stando sempre attenti a non innescare competizioni o gelosie negli altri alunni, che finirebbero con l’emarginarli maggiormente.

Un caso di “plusdotazione”

La mamma del bambino “plusdotato” intervistata ha raccontato di essersi resa conto che il proprio figlio, già in età scolare, aveva qualcosa di diverso rispetto agli altri bimbi.
A scuola, mentre la maestra spiegava, non riusciva a stare seduto sulla sedia, si distraeva in continuazione e gli veniva attribuita l’etichetta “bambino iperattivo”.
La maestra lo lasciava sfogare, però non aveva compreso che non si trattava di una carenza, bensì di un qualcosa in più e così veniva sottovalutato.
Il bambino aveva iniziato a sentirsi inferiore agli altri, manifestando una scarsa autostima; già era particolarmente sensibile e, la mancanza di supporto psicologico, lo aveva reso di una insicurezza devastante.

La Signora in questione mi spiega come invece suo figlio si annoiasse durante le lezioni poiché apprendeva molto più velocemente degli altri e sarebbe stato fondamentale che ciò fosse stato riconosciuto dalla maestra, in modo che potesse così stimolare la sua intelligenza e creatività.

La maestra, quindi, è una figura di riferimento essenziale, dato che poi, dalla scuola media, l’alunno inizia ad esser circondato da molteplici professori e, se nel corso degli anni precedenti non è stato sostenuto e accompagnato nel comprendere e gestire il proprio talento anche in relazione agli altri (pari e/o adulti), questo cambiamento può spaventarlo molto, portandolo a chiudersi sempre più a riccio ed evitando il gruppo dei pari.

La mamma intervistata lamenta una mancanza di competenza da parte degli insegnanti e la lacuna dei professionisti, che spesso confondono tale “genio” con un disturbo che non ha nulla a che fare con il ragazzo.
In terza media erano stati fatti dei test attitudinali per l’orientamento scolastico in vista della scuola superiore e, sebbene i risultati fossero stati buoni e il ragazzo avesse espresso una preferenza per il liceo scientifico, i docenti lo consideravano non adatto per un liceo, non lo ritenevano in grado di sostenere qualcosa di così impegnativo. Purtroppo la mancanza di un supporto e di comprensione hanno condotto questo ragazzo verso la via della depressione; solo all’età di 24 anni uno Psichiatra gli aveva somministrato la WAIS (strumento per la valutazione dell’intelligenza negli adulti), rendendosi conto di avere davanti un QI pari a 135 (i valori medi si aggirano attorno ai 100), ma ormai era troppo tardi per riuscire a fargli recuperare tutta la fiducia in se stesso e la sicurezza che aveva perso negli anni precedenti, in cui avrebbe avuto l’esigenza di un supporto concreto per il proprio benessere cognitivo, emotivo, psicologico e sociale.

Considerazioni

Gli Anglosassoni definiscono i bambini plusdotati “gifted”, ossia destinatari di un “dono” che, come tale, dovrebbe poter portare soddisfazioni e sicurezza nella vita di chi lo riceve; troppo spesso, invece, non è quello che succede ed essi non vengono assolutamente valorizzati.

Recentemente si è tenuto a Vicenza il primo Convegno Internazionale “Plusdotazione e talento: un investimento per il futuro”, organizzato dalla Step-net Onlus (Associazione Italiana genitori di bambini plusdotati) in collaborazione con il Laboratorio Italiano di Ricerca e Intervento sullo Sviluppo del talento dell’Università di Pavia. Nato nel 2009 e riconosciuto dal MIUR come ente qualificato per la formazione scolastica, questo è l’unico laboratorio italiano che si occupa di plusdotazione con l’obiettivo di sostenere le famiglie, fare da rete tra esse e i professionisti; qui il personale effettua test di valutazione riguardo alle potenzialità dei bambini in questione, cercando di divulgare informazioni, anche attraverso articoli e riviste nazionali, circa questa tematica già conosciuta e affrontata da altri stati europei ed anche asiatici.
Perfino in Turchia e in Afghanistan essi vengono valorizzati, mentre purtroppo in Italia la Plusdotazione non è ancora ampiamente riconosciuta.

Si auspica che, in un futuro non troppo lontano, si conosca maggiormente questa attitudine, in modo da poterla coltivare nella maniera giusta, accompagnando tali soggetti nella crescita, stimolandoli e avvalorandoli, valorizzandoli come meritano.

Autore: Valentina Zappa

Fonte: Humantrainer.com

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